Corso di Finanza Comportamentale VII

Strategie di investimento non correlate e Comportamento Gregario

 


La prima osservazione, apportata dai “comportamentalisti” alla teoria dei mercati efficienti, consisteva nel sottolineare la scarsa veridicità dell’ipotesi di razionalità degli investitori, evidenziando i principali errori di giudizio commessi dagli investitori. Questa ipotesi di irrazionalità degli investitori tuttavia, non basta, almeno apparentemente, a mettere in crisi la teoria dei mercati efficienti.

Nella teoria dei mercati efficienti infatti, si ammette la possibilità che gli individui non siano totalmente razionali. In questo caso si dice: ammesso che alcuni investitori siano irrazionali, i loro scambi, essendo casuali, hanno l’effetto di cancellarsi a vicenda, senza sortire effetti sui prezzi. Ma gli studi di psicologia ci mostrano che ciò non è vero.

Gli individui infatti non si comportano “casualmente” ma tendono ad assumere un comportamento gregario. Per cui se un certo numero di persone acquista un titolo, verrà seguito a ruota da altre persone. Magari si tratta di amici o parenti che a loro volta influenzeranno altri amici, e così via. Si viene a creare pertanto “un effetto moda” proprio come accade ad esempio nel settore dell’abbigliamento.

Questo atteggiamento comune permette di affrontare meglio un eventuale errore nella scelta di investimento. Il fatto di sapere che tante altre persone si sono comportate allo stesso modo (tutti hanno acquistato un determinato titolo), fa credere, se le cose dovessero andare male, che si sia trattato di un fatto sorprendente, non prevedibile. Si attribuisce così più facilmente l’errore al caso e non alle proprie scarse capacità di operare.

Neanche questa osservazione degli studiosi di psicologia basta tuttavia a mettere ancora in discussione la teoria dei mercati efficienti che asserisce: qualora le strategie di investimento degli investitori irrazionali (noise traders) dovessero essere correlate, tali investitori incontrerebbero sul mercato gli arbitraggisti che elimineranno eventuali variazioni nei prezzi provocate da tali strategie. Ammettere l’esistenza di una opportunità di arbitraggio, vuol dire che è possibile effettuare un investimento a costo nullo tale da comportare un profitto positivo.

Ma anche questa asserzione viene sfidata dai “comportamentalisti” che sostengono che non è vero che l’arbitraggio è senza rischi e senza costi, e pertanto sostengono che è limitato e quindi non sempre efficace. Vediamo infatti cosa può accadere.

Ammettiamo che l’arbitraggista, seguendo la sua strategia, proceda all’acquisto di un titolo che tutti gli investitori irrazionali stanno vendendo, provocandone una notevole diminuzione del prezzo, a causa di idee pessimistiche sul futuro dell’azienda cui il titolo è legato e alla contemporanea vendita di un titolo sostitutivo ma sopravalutato.

Se le idee pessimistiche degli investitori irrazionali (noise traders), dovessero continuare, gli arbitraggisti otterrebbero un rendimento negativo. Gli investitori, che hanno affidato la gestione dei loro fondi agli arbitraggisti, valutando le capacità dei gestori sulla base del rendimento ottenuto, potrebbero considerarli incompetenti e pertanto potrebbero decidere di ritirare i loro fondi, costringendoli a liquidare anticipatamente le posizioni in essere.

Questo timore induce gli arbitraggisti ad essere più cauti nell’ uso di tale strategia. Quindi l’arbitraggio non riesce ad eliminare completamente il mispricing e il comportamento degli investitori influisce sull’equilibrio dei prezzi dei titoli.

La non prevedibilità delle idee di tali investitori crea un rischio nel prezzo del bene che scoraggia gli arbitri razionali dallo scommettere aggressivamente contro di loro. Come risultato, i prezzi possono divergere in modo significativo dai valori fondamentali anche in assenza di un rischio reale.
Inoltre, sopportando un rischio spropositato che loro stessi hanno creato, non permettono agli investitori “avventurieri” di guadagnare un profitto più alto di quello razionale.

Se i “noise traders” sono pessimisti e portano un prezzo in basso, ovviamente gli arbitraggisti compreranno, ma se il pessimismo continua e i prezzi tardano a riprendersi, gli arbitraggisti sono costretti a liquidare le loro azioni prima della ripresa, soffendo delle perdite. La paura di queste perdite può limitare l’azione di arbitraggio.

Viceversa un arbitraggista che vende una azione mentre è in ripresa, calcolando che prima o poi il prezzo tornerà a scendere, potrebbe ricevere la sorpresa di un ulteriore rincaro del prezzo e quindi potrebbe subire una perdita nel dover acquistare quel bene ad un prezzo più alto. E’ proprio questo cambiamento di opinione dei noise traders che comporta quello che viene appunto indicato come “rischio dei noise traders”. I principali risultati di questo lavoro vengono dall’osservazione che l’arbitraggista non elimina gli effetti di disturbo, perché il disturbo stesso crea il rischio.

Il rischio risultante dal cambiamento di opinione aleatorio dei noise traders, che sono in media rialzisti, aumenta la possibilità che guadagnino un più alto profitto rispetto agli investitori razionali e sofisticati occupati nell’arbitraggio contro gli stessi. Questo risultato è dovuto al fatto che il rischio noise traders rende i beni meno attrattivi per gli arbitraggisti avversi al rischio e così abbassa il prezzo. Se i noise traders sovrastimano i profitti o sottostimano il rischio, allora investono di più sulle azioni rischiose rispetto agli investitori sofisticati e possono avere dei guadagni maggiori. In definitiva i noise traders possono guadagnare di più semplicemente perché si accollano il rischio da loro stessi creato.

Poiché il rischio noise traders limita l’effetto dell’arbitraggio, i prezzi sono eccessivamente volatili. Se le opinioni dei noise traders seguono un processo stazionario, c’è una componente di media-regressione nei profitti azionari, che nel lungo periodo permette agli investitori sofisticati di riportare il prezzo su posizioni stabili.


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