Teoria di Dow - Corso di Analisi Tecnica di BorsaCorso di Analisi Tecnica di Borsa

Tutti i principali strumenti di Analisi Tecnica hanno radici o fanno riferimento, in maniera più o meno esplicita, alla Teoria di Dow. Questa consiste in sei principi elaborati, all’inizio del secolo, da Charles H. Dow.

1. Le medie scontano qualsiasi fattore

Dow sostiene che l’azione del mercato sconti qualunque fattore; qualsiasi elemento, quindi, che, in un modo o nell’altro, può influire sull’andamento futuro dello stesso è già inglobato nelle stesse quotazioni.
Per monitorare il comportamento del mercato Dow costruì, nel 1884, un indice basato sui prezzi di chiusura di undici azioni: nove di compagnie ferroviarie e due di imprese manifatturiere. Egli aveva notato che i prezzi dei titoli delle più importanti società tendevano a muoversi insieme e che le poche azioni che si muovevano in controtendenza ritornavano a seguire l’andamento generale nell’arco di qualche giorno o di qualche settimana; ne calcolò, così, una media per esprimere in concreto il livello del mercato azionario.
Nel 1897 Dow elaborò due indici separati, in quanto riteneva che in tal modo il mercato sarebbe stato meglio rappresentato: uno era composto dalle azioni di venti società ferroviarie (Dow Jones Transportation Average) e l’altro, industriale, era rappresentativo di dodici società di diversi settori (Dow Jones Industrial Average).

2. Il mercato può seguire tre tipi diversi di movimento (Trend)


Il trend può essere genericamente definito come la direzione del mercato. Quotazioni crescenti indicano un mercato al rialzo; quotazioni decrescenti un mercato al ribasso; spesso, poi, i valori si muovono all’interno di un canale orizzontale senza intraprendere una direzione ben precisa. Se rappresentate graficamente, le quotazioni verrebbero definite da linee a zig-zag e non da linee rette; questo perché le fasi di crescita o di declino del mercato sono sempre accompagnate da piccoli movimenti correttivi e ciò fa sì che la linea che descrive tali fasi sia non una linea retta ma una spezzata.
Un grafico relativo alle quotazioni di borsa apparirebbe, quindi, caratterizzato da un susseguirsi di picchi e di avvallamenti. Dow, in base alle relazioni tra questi, definì nel seguente modo i tre tipi di movimento:

Uptrend : situazione in cui ogni picco è più alto del precedente picco ed ogni minimo è più alto del precedente minimo.

Massimi e Minimi crescenti

Downtrend : situazione in cui ogni picco è più basso del precedente picco ed ogni minimo è più basso del precedente minimo.

Sideways trend : movimenti in cui minimi e massimi possono essere racchiusi in un canale orizzontale. Caratterizzano momenti di incertezza del mercato; sono sintomi di una “pausa di riflessione” che serve al mercato per recuperare le forze necessarie per riprendere la sua corsa o per realizzare che questa è finita e dare quindi inizio ad una inversione del trend.

TRENDS

Il trend è, poi, generalmente classificato in tre categorie, primario, secondario e minore. Questa distinzione deriva dal fatto che un movimento definibile al ribasso, ad esempio, se inquadrato in un’ottica di breve periodo, può essere un movimento di correzione di un altro movimento, al rialzo in questo caso, che si sviluppa in un arco temporale ben più ampio. Ogni trend è, quindi, parte del trend superiore che lo comprende e a sua volta comprende trends minori, per cui guardando ad archi temporali differenti possiamo individuare movimenti differenti.

Trend Primario - Trend Secondario - Trend Minore

I trend primari sono suddivisibili in tre fasi:
Se consideriamo un mercato toro, la prima è quella di accumulazione, durante la quale gli investitori più informati comprano a prezzi molto bassi; il mercato, avendo assimilato tutte le notizie che potevano spingere le quotazioni verso ulteriori minimi, si muove secondo quel trend che abbiamo definito “sideaways” o laterale. A questa segue una fase cosiddetta di partecipazione pubblica, nella quale il migliorato clima economico spinge gli operatori in genere ad acquistare, con conseguente aumento dei prezzi e dei volumi. Si giunge così ad una fase di euforia in cui le buone notizie si accavallano, i volumi sono sostenuti dalla speculazione e dagli acquisti del pubblico e durante la quale gli investitori più accorti e meglio informati cominciano a “distribuire” (da qui il nome di fase di distribuzione) ossia a vendere presagendo la prossima inversione di trend. A questo punto i tempi sono maturi per l’inizio di una fase orso, che avrà un’evoluzione uguale e contraria a quella appena descritta.

I volumi seguono il trend:

Il volume era, secondo Dow, un’altra variabile, oltre il prezzo, da valutare con estrema attenzione. Egli constatò che i volumi di norma si muovono con il trend, il che vuol dire che in un mercato toro i volumi sono in aumento durante le fasi di espansione, in diminuzione durante quelle di correzione; in un mercato orso, viceversa, si hanno volumi crescenti durante le fasi di ribasso, decrescenti durante le correzioni al rialzo. Il mancato rispetto di questa relazione prezzo-volume era da considerare, per Dow, il primo segnale di una probabile inversione del trend.
La divergenza volumi/prezzi è spesso accompagnata da un’inversione di tendenza.

Un movimento è assunto valido finché un’inversione non è definitivamente provata:

Dow riteneva che non si dovesse considerare invertito un movimento fin quando questa inversione non si fosse concretamente manifestata tramite un non rispetto delle regole finora esposte (ossia, in particolare, una serie di massimi e minimi crescenti in caso di uptrend, decrescenti in caso di downtrend).

Le medie devono confermarsi:

Uno dei principi più importanti della teoria di Dow è quello che vuole che i due indici Dow Jones Industrial Average (DJIA) e Dow Jones Transportation Average (DJTA) siano sempre esaminati congiuntamente. Generalmente il primo serve ad individuare la tendenza del mercato mentre il secondo a confermarne le indicazioni. Nessun segnale fornito dall’andamento del primo indicatore, quindi, dovrà essere considerato valido finché non confermato da un medesimo segnale dato dal secondo indicatore. Accade, comunque, che sia il DJTA a dare per primo il segnale di inversione e il DJIA a confermarlo; questo non inficia, tuttavia, la validità del principio, che resta sempre valido. D'altronde ciò è vero anche in un’ottica fondamentalista in quanto, se le medie rispecchiano veramente le aspettative intorno ad una economia, si dovrebbero offrire prezzi decrescenti o crescenti sia per i titoli di quelle società che producono i beni sia per quelli delle società che li trasportano.

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